Se volete l’euro volete la recessione

Alberto Bagnai 14 Agosto 2014

Che sorpresa: siamo in recessione! Guardandovi intorno vi chiederete: perché, ne eravamo usciti? Tecnicamente sì. Nel 4° trimestre 2013 il Pil italiano era aumentato dello 0.13% rispetto al terzo trimestre, portando il risultato annuo a un “esaltante” -1.85%. Questo aumento, dopo nove diminuzioni consecutive, era il raggio di luce in fondo al tunnel che scacciava i gufi. Poi il 1° trimestre 2014 era stato negativo, ora sappiamo che lo è stato anche il secondo: siamo nuovamente in recessione, e non una qualsiasi. Negli ultimi tre anni il Pil è cresciuto in un solo trimestre. Una cosa simile non si è mai verificata nella storia dell’Italia unitaria, escludendo i periodi bellici.

Perché succede adesso?

Basta ascoltare l’autore di questo disastro, che ne ha confessato la ferrea logica economica. Nel primo trimestre del 2012 il Pil italiano aveva fatto -1%, un tonfo paragonabile solo a quello successivo al default Lehman. Nel maggio successivo, a un giornalista della CNN che gli chiedeva dove pensasse di andare a parare con l’austerità, Mario Monti disse una frase da manuale di economia (ma non di politica): “Stiamo guadagnando una migliore posizione competitiva a causa delle riforme strutturali: stiamo in effetti distruggendo domanda interna attraverso un consolidamento fiscale”. Cosa voleva dire l’allora premier? Prima dell’euro per comprare una Audi o una BMW occorreva comprare marchi: se tutti gli italiani si innamoravano delle “tedesche”, il valore del marco saliva, e magari qualcuno ripiegava su un’Alfa Romeo. Al cuore non si comanda, ma anche col portafoglio non si scherza. L’euro impedisce il funzionamento di questo meccanismo di mercato e così alimenta le importazioni nel Sud di prodotti del Nord. Un paese è in effetti come una famiglia: se esce per le importazioni più di quello che entra dalle esportazioni, la differenza va coperta con debiti. Avrete visto finanziarie tedesche offrire finanziamenti a prezzi stracciati per comprare auto tedesche? Se n’è lamentato perfino Marchionne! Chi approfittava della cortese offerta, contribuiva ad aumentare il debito estero italiano.

Notate che per il Nord prestare al Sud non è un problema, perché l’euro, oltre a drogare la competitività, elimina il rischio di cambio. Ma arriva il momento nel quale i crediti bisogna riscuoterli, magari perché scoppia una crisi, e i debitori devono “rientrare”. La prima cosa in questi casi è smettere di indebitarsi, e quindi, per un paese, ridurre le importazioni. Ma come si fa, se i rapporti di prezzo sono favorevoli ai beni esteri, e il cambio non può correggerli perché non risponde alle leggi del mercato? Semplice: si tagliano i redditi dei cittadini (aumentando le tasse, o bloccando i rinnovi contrattuali). Se non hai soldi, non puoi spenderli, non puoi esprimere “domanda” di beni, nemmeno di beni esteri. “Distruggere domanda” significa tagliare redditi per ridurre le importazioni in modo da bilanciare i conti esteri. Mica avrete creduto l’austerità servisse a ridurre il debito pubblico? Ogni economista sa che non è così: in recessione l’austerità riduce redditi e gettito, peggiorando la situazione. E poi prima di Monti il debito pubblico non era un problema: l’ha ricordato il ministro Padoan! Sui conti esteri, però, l’austerità fa miracoli. Fra 2011 e 2013 Monti ha ridotto il rapporto fabbisogno/Pil di soli 0.7 punti di Pil, ma il Pil è crollato in due anni di più del 4%, e quindi il rapporto debito/Pil è aumentato di 12 punti. Una catastrofe? Per noi sì, per i creditori esteri no: il saldo estero infatti è andato in surplus.

Certo, i crediti vanno rimborsati. Ma perfino il vicepresidente della Bce ha detto che le banche del Nord sono state incaute! Distruggere l’economia di un paese per obbedire ai diktat di creditori incauti è immorale (perché anche i creditori avrebbero dovuto sopportare il peso delle proprie scelte sbagliate), e soprattutto sciocco. Il risultato infatti qual è? Quello che vediamo oggi in un’altra notizia: nell’ultimo mese gli ordinativi all’industria tedesca sono crollati di più del 3%. Strozzando i propri debitori, che sono il suo principale mercato, la Germania sta strozzando se stessa. L’unica prospettiva di salvezza è quella cortesemente offerta dai promotori del referendum “anti-austerità”. Eh già! Perché dopo averci sbriciolato per riavere indietro “il suo tesoro”, ora il Gollum tedesco, se vuole che qualcuno compri i suoi beni, deve far ripartire la domanda in Europa. Che c’è di meglio del permettere al Sud di ricominciare a indebitarsi? Vedrete: la Merkel sfoggerà presto il suo volto umano, non per far contenti i colleghi “anti-austerity”, perché le conviene. Ma a noi, invece di riprendere a indebitarci per aiutarla, converrebbe abbandonare l’euro, un sistema nel quale l’austerità è l’unico meccanismo di aggiustamento degli squilibri con l’estero.

Alberto Bagnai
Il Fatto Quotidiano, 7 agosto 2014

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