Il pericolo non è il mercantilismo, ma il riarmo che non esiste dominato dai tedeschi

Paolo Savona 4 Giugno 2017

L’irritazione della Cancelliera Merkel per le accuse rivoltole dal Presidente Trump nel corso del G7 tenutosi a Taormina – secondo cui la Germania danneggia gli Stati Uniti mantenendo un surplus elevato della loro bilancia estera corrente – è la prosecuzione di un dibattito che, come hanno ricordato recentemente Giorgio La Malfa e Lord Skidelsky, prosegue irrisolto dalle negoziazioni tra Keynes e White prima dell’Accordo di Bretton Woods del 1944.

Invece di mostrare irritazione, la risposta che la Signora Merkel avrebbe dovuto dare al Signor Trump è che le responsabilità degli aggiustamenti devono essere simmetriche, ossia gravare anche sugli Stati Uniti, che mantengono da decenni un disavanzo intollerabile della loro bilancia estera, frutto della volontà di mantenere il dollaro al centro del sistema degli scambi mondiali; questa posizione è ormai diventata anacronistica per la capacità di creare dollari da parte delle multinazionali bancarie che moltiplicano la base monetaria internazionale immessa dai deficit della bilancia valutaria americana e la diffusione raggiunta da altre monete nazionali (yen, euro e yuan-renmimbi) per denominare gli scambi globali e mantenere liquide le riserve ufficiali e quelle private.

Poiché però la Germania ha le sue responsabilità, il suo pulpito non sarebbe legittimato a fare le prediche, essendosi alleata agli Stati Uniti per impedire che i Diritti Speciali di Prelievo, creati a Rio de Janeiro nel 1967, divenissero la nuova moneta internazionale di riferimento, espellendo dal sistema l’uso duale (interno ed esterno) del dollaro. Il compito di replicare alla posizione di Trump sarebbe quindi dovuto essere svolto dai paesi europei, Italia in testa, che ebbe con Carli e Ossola un ruolo importante nel dotare il mondo di un sistema monetario internazionale più equo e funzionale. Non è dato sapere se il silenzio dei paesi che avrebbero avuto titolo a protestare sia dovuto a pavidità o a ignoranza dei loro Governanti, comunque il problema resta insoluto, in attesa che qualcuno si faccia avanti per chiedere simmetrie di comportamento nell’aggiustamento degli squilibri delle bilance estere, cominciando dall’interno dell’Europa.

Il problema che deve veramente preoccupare gli europei e il mondo intero non è però decidere se sia la Germania o gli Stati Uniti o i paesi che si trovano nella loro stessa posizione (Cina, Taiwan, Singapore, Giappone, Svizzera, Olanda e Sud Corea in surplus/Regno Unito, paesi Sudamericani, Francia, Egitto e Turchia in deficit) a ridurre i rispettivi squilibri per reflazionare l’economia globale, ma quello sollevato come seconda reazione dalla stessa Merkel: gli Stati Uniti non sono più affidabili, l’Europa deve provvedere da sola e perciò si deve dare una propria politica di difesa.

In breve, la Germania pensa di doversi riarmare, anche se tramite l’Unione Europea, tanto sa di poter contare sull’influenza determinante che essa esercita a Bruxelles e sul fatto che solo essa ha le risorse necessarie per finanziare una forza armata europea. Una volta messa in piedi, si vedrà chi comanda. Autorevoli persone possono testimoniare che ho subito indicato in questo evento il vero problema che nasceva con la nomina di Trump a Presidente degli Stati Uniti. Questo rischio è ben più grave di quello che l’orientamento protezionistico/deflazionistico americano poteva determinare e che molti paventavano. Dico ciò non solo in vista delle conseguenze negative che questo riarmo può avere sull’Unione Europea, ma anche, forse soprattutto, sulla stessa Germania, per le tentazioni alle quali sarebbe esposta quando si trovasse in mano la possibilità di manovrare una forza armata.

Oggi essa può contare sulla force de frappe francese, base di quell’asse che il neopresidente eletto Macron, ha detto essere la spina dorsale dell’Unione Europea, e che non poggia certamente su interessi economici comuni franco-tedeschi, forse meno importanti di quelli che la Francia intrattiene con l’Italia. Questi pericoli sono reali, basta rileggere il lavoro di Heinrich Heine Sulla storia della religione e della filosofia, pubblicato nel 1835, che spiega ai francesi chi sono i tedeschi e ho deciso di ripubblicare insieme alla Costituzione per la pace perpetua di Kant per un’intelligente iniziativa dell’Editore Rubbettino. Occhio, quindi, alle decisioni in materia, che si potrebbero celare dietro le ‘nebbie’ dell’accordo sul clima e quelle della promessa di creare pseudo-eurobonds. Spero che i governanti abbiano l’accortezza di valutare i rischi della richiesta della Merkel e gli amici americani li spieghino a Trump. Non ripetiamo le erronee sottovalutazioni del passato.

Paolo Savona
Milano Finanza, 3 giugno 2017

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