L’Europa deve evitare la guerra commerciale. Il rischio dei dazi: di chi la colpa?

Piergiorgio Gawronski 25 Maggio 2018

Il diritto economico internazionale vieta a tutte le nazioni del mondo di coltivare prolungati e consistenti surplus commerciali (3%+ del Pil), e di accumulare eccessive riserve valutarie/crediti esteri. In che modo alcuni paesi generano surplus commerciali eccessivi? In due modi. Se i cambi sono flessibili, svalutando la propria valuta in modo squilibrato. Se i cambi sono fissi, abbassando il livello generale dei prezzi al di sotto dei paesi legati da accordi di cambio (com’è l’euro). Una variante di questo secondo caso è quando a una crescita della produttività maggiore dei paesi vicini non si accompagna una crescita analoga dei prezzi).

Se qualcuno non rispetta le regole, l’Organizzazione mondiale del commercio consente varie reazioni alle vittime, anche di imporre unilateralmente dazi “equivalenti” (non eccessivi) con congruo preavviso e dopo aver tentato un negoziato. Le vittime dei grandi surplus sono i paesi in deficit, costretti a indebitarsi sempre più. A ciò, si aggiunge talvolta un danno “congiunturale”: quanto più alta è la disoccupazione, quanto più bassi sono i tassi d’interesse a breve (non chiedetemi di spiegare).

Perché Trump vuole imporre dazi a alcuni paesi? Sono giustificate le sue preoccupazioni? In effetti il debito estero americano continua a salire: è un problema nel lungo termine.

 

Ma in questa fase del ciclo economico il danno è minimo: negli Usa occupazione e tassi d’interesse sono alti.

Chi sono le nazioni che – violando il diritto economico internazionale – provocano le ire di Trump? Una volta era la Cina, ora non più. Il saldo corrente cinese si è ormai azzerato, anzi a fine 2017 è andato in negativo.

 

Ciononostante, date le riserve valutarie accumulate, la Cina ha accettato di negoziare e – con buon senso – Xi e Trump si sono accordati. Lo stesso è successo con altri paesi (Corea del sud). Niente guerre commerciali.

L’altra grande area di “surplus eccessivo” nel mondo è l’Europa.

Trump ha chiesto di negoziare ma l’Europa si rifiuta: vuole che Trump rinunci “preventivamente” a mettere dazi in caso di fallimento dei negoziati. Contro ogni diritto. Trump fin qui ha pazientato e ha rinviato tre volte il suo ultimatum: in fondo converrebbe a tutti accordarsi. Ma a fine maggio scade il termine, e la Commissione Europea ancora nicchia. L’Italia rischia di andarci di mezzo: i dazi potrebbero colpire i settori dell’acciaio, dell’alluminio, dei mezzi di trasporto ed altri settori meccanici.

L’Italia ha anch’essa un surplus commerciale, però non eccessivo. Innanzitutto perché è inferiore al 3%, poi perché è costretta dall’Europa all’austerità, che deprime domanda interna e import; per crescere un minimo non resta che aggrapparsi alla domanda estera. Infine, viene da anni di deficit commerciale, perciò non ha crediti esteri eccessivi, bensì un piccolo debito estero netto da smaltire (-7% del Pil a fine 2017).

Ma allora chi in Europa mette tutti in imbarazzo con surplus eccessivi e prolungati, e provoca tensioni con gli Usa? Essenzialmente 2 paesi: Olanda (10%) e Germania (8%). Essi già hanno – e continuano a accumulare a ritmi forsennati – molti crediti esteri; e non sentono ragioni.

Posizione netta sull’estero, 2017

Come mai la rigorosa Germania, benché nel torto, è disposta alla guerra commerciale con gli USA, mettendo a repentaglio quel che resta dell’ordine economico internazionale? Il surplus è così importante? No. La Germania potrebbe facilmente fare come la Cina, sostituire il “motore della crescita”, passando dalla domanda esterna a quella interna. Il punto è un altro. La Germania vorrebbe sanare lo squilibrio competitivo rivalutando l’euro/$, cosicché i rapporti di forza nell’Eurozona rimarrebbero a suo favore. Ma altri paesi europei hanno bisogno di un euro debole per sopravvivere. Perciò la Germania chiede a Draghi un rialzo dei tassi d’interesse (spingerebbe in alto l’euro), ma non può ottenerlo.

I partner europei chiedono invece un aumento adeguato dei salari tedeschi, supportato da stimoli fiscali standard, per aumentare i consumi alle importazioni tedesche e riequilibrare i rapporti competitivi con gli Usa ma anche con il resto d’Europa. Lo chiede da tempo Draghi: aiuterebbe la Bce a riportare l’inflazione al target del 2%. Lo mormora la Commissione Eu che non ha il coraggio di farsi rispettare dalla Germania (che viola i tetti europei ai surplus commerciali).

In tal modo si stimolerebbe la crescita di tutta l’Eurozona, con enormi benefici per i debiti pubblici (O.Blanchard, Fmi). Invece di chiedere all’Europa di poter violare le regole sul deficit, l’Italia potrebbe ottenere la stessa crescita mettendo in mora la Germania, in nome – beninteso – di alti ideali liberali: il diritto internazionale, la pace nel mondo, l’atlantismo…! E gli italiani per una volta non vedrebbero il loro governo andare in giro per l’Europa con il cappello in mano: vengano gli altri a chiedere sconti.

Piergiorgio Gawronski
Huffington Post, 23 maggio 2018

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