Non si beffano di lui (Renzi), ma di noi (a ragione)

Alberto Bagnai 22 Marzo 2014

Il nostro premier, il “vuoto che avanza” (nella definizione del filosofo Diego Fusaro), comincia a cogliere i primi successi internazionali.

La scena ha fatto il giro del mondo: un giornalista di Radio Radicale, David Carretta, chiede a Barroso e van Rompuy cosa pensino dell’intenzione di Renzi di contrastare l’avanzata dei movimenti euroscettici, placandoli con un po’ di spesa in deficit. I due si guardano e sorridono. La stampa ha per lo più interpretato questo episodio come una riedizione del sorriso di dileggio rivolto a Berlusconi da Angela Merkel e Nicolas Sarkozy nell’ottobre del 2011.

A me pare invece che il gatto e la volpe di Bruxelles non abbiano nulla da ridire su Renzi, che in tutta evidenza si sta comportando in conformità alle istruzioni ricevute ai piani alti.

Ma di un popolo che si lascia abbindolare da appassionate perorazioni su quanto sia “anacronistico” il parametro del 3%, quando l’oratore appartiene al partito che ha votato compatto il pareggio di bilancio (cioè un saldo dello 0%); di un popolo che invia il proprio premier a piatire indulgenza per lo sforamento del deficit (salvo poi rimangiarsi tutto), quando il destinatario delle suppliche, la signora Merkel, guida un paese che attualmente sfora quattro parametri sugli undici previsti dalla procedura di sorveglianza macroeconomica introdotta col Six Pack (mentre l’Italia ne sfora solo tre); be’, di questo popolo, in effetti, dobbiamo amaramente rassegnarci a comprendere che sia anche lecito sorridere.

Alberto Bagnai
Il Fatto Quotidiano,
22 marzo 2014

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