Perché il CLN

Pier Paolo Dal MonteUgo Boghetta 6 Ottobre 2015

L’articolo titolato “Il male della banalità”, pubblicato su a/simmetrie lo scorso luglio, ha lo scopo di proporre una riflessione per andare oltre le critiche all’europeismo unionista. Dopo la vicenda greca, infatti, non ci si può più accontentare di reiterare all’infinito critiche, analisi, commenti che restano confinate nel reame onirico dell’” un’altra Europa è possibile”. Uno degli aspetti dell’articolo che ha destato attenzione è stata la proposta del CLN come strumento per uscire dalla gabbia dell’euro e dei trattati europei. È un tema importante e controverso. Noi stessi ne abbiamo discusso a lungo.

Vorremmo qui dare alcune chiavi di lettura:

1) Il riferimento al CLN è innanzitutto simbolico: la guerra di liberazione dallo stato di colonizzazione in cui versano gran parte dei paesi sotto l’Unione Europea. La Grecia ne è l’esempio più lampante.

2) In secondo luogo il CLN rimanda al suo risultato: la ricostruzione del nostro Paese e l’elaborazione della Costituzione repubblicana. Questo rimanda ad una scelta forte e precisa: il riferimento alla Carta Costituzionale.

3) Ci siamo chiesti se un movimento di liberazione dall’Unione Europea, dall’euro e dall’impostazione neoliberista insita in essi dovesse condurre alla costruzione un programma ex novo o invece riferirsi a qualcosa di già esistente. A monte c’è la questione se l’uscita dall’euro sia la condizione per altre politiche oppure la soluzione in sé. Infatti si può voler uscire dalla moneta unica senza porre il tema del superamento delle politiche liberiste che hanno dettato la prassi di governo negli ultimi decenni: rimanendovi dunque dentro. Abbiamo optato per il riferimento alla Carta.

4) La stesura di un nuovo programma, inoltre, se avvenisse completamente ex nihilo, comporterebbe probabilmente una discussione estenuante, mentre la Carta è già un riferimento forte, conosciuto e che contiene principi condivisi.

5) Del resto, qualsiasi cambiamento fa quasi sempre riferimento ad una passaggio storico importante da cui allontanarsi o a cui riferirsi pur con i dovuti e necessari aggiornamenti.

6) Proprio a questo fine la Carta ci è sembrata un punto di riferimento ancora valido; uno dei punti massimi raggiunti dal nostro paese dopo le pagine del Risorgimento. È l’unico testo che oggi può unificare, non senza difficoltà, la parte migliore del paese. Inoltre, ha una forte carica sociale e “antiliberista”: il lavoro, il popolo, i diritti individuali e collettivi, un’economia mista, la finalità sociale dell’impresa. Non a caso è stata in larga parte disattesa, contrastata ed infine cambiata. Non a caso J.P. Morgan stigmatizza questo tipo di Costituzioni e auspica il loro “superamento”.

7) Questo ci dice tuttavia che il riferimento al CLN ha già un programma che è quello della ricostruzione del nostro Paese.

8) Questo programma, ovviamente, esclude tutti coloro che non si riconoscano nei principi di cui sopra, in modo particolare tutti coloro che vivano nel sogno che reputa possibile riformare quest’Europa. La vicenda greca è un esempio per tutti

9) Il tema propone ulteriori domande. Quale forma dovrà o potrà assumere un Movimento di Liberazione Nazionale? Potrà/dovrà essere un Fronte con all’interno forze diverse oppure un soggetto unico articolato per “correnti”? Allo stato attuale dell’elaborazione, delle forze in campo, non è dato rispondere con verosimile attendibilità. E sono domande tuttavia che vanno poste per decidere il punto di partenza.

10) Questa problematica rimanda a due ulteriori questioni. La prima riguarda lo stato attuale delle culture che hanno dato vita alla Carta: quella cattolico-sociale, quella liberal-democratica e quella social-comunista. Se per un verso l’adesione alla Carta ha riferimenti consistenti a livello dei cittadini e di riferimento per vari conflitti, le culture originarie sono invece in crisi sin dal crollo del muro di Berlino e dall’avvento della cosiddetta “seconda repubblica”, ovvero da quando la prassi politica ha abbracciato la dottrina del “vincolo esterno”. Del resto se così non fosse non vivremmo in un colpo di stato latente. La prima cultura di riferimento ha avuto alti e bassi, ma in buona sostanza la parte più costituzionale è stata via via emarginata. Vedi la parabola del dossettismo. Così è stato per la dottrina sociale della Chiesa. Il “nuovo corso” intrapreso dalla politica vaticana, in quest’ ambito, potrebbe costituire una novità. Ma come questo stia agendo nella realtà cattolica italiana organizzata e d’opinione è questione da valutare e, come suol dirsi “attenzionare”. Della seconda ci sono pensatori sparsi e tanti rinnegati. Per il terzo versante l’involuzione del PSI prima, del PCI poi fino al suo scioglimento, l’adesione del Pds-PD a sponde liberiste e dunque in contrasto coi principi della Carta Costituzionale hanno creato una situazione complicata e tanta confusione ideologica e culturale. Le attuale formazioni che si richiamano al comunismo sono frastagliate più delle coste della Norvegia, senza alcuna presa di massa, passatiste o spontaneiste per la più parte. La cosiddetta sinistra radicale non solo non è socialista, ma non fa altro che mettere assieme una congerie di buone intenzioni, di slogan senza contenuto ed in larga parte è “euro-pirla” e, soprattutto, inaffidabile. Tsipras docet.

11) Quanto sopra va messo in relazione ad una analisi in gran parte ancora da fare su come l’Euro e l’Unione Europea (con tutto quello che ne segue) hanno agito ed agiscono su ceti e classi sociali al fine di individuare anche sul piano strutturale il potenziale (nuovo?) blocco sociale di riferimento.

12) Tutti questi aspetti ci parlano di un lavoro ideologico, culturale, politico, organizzativo da fare, al fine di essere in grado di tentare di portare il nostro paese fuori dalle secche del declino culturale, politico, materiale presente, e sciogliere in avanti nodi storici irrisolti, affrontare il cambiamento del paese, la problematica di una nuova collocazione internazionale essendo l’Italia collocata in una situazione geopolitica tanto pericolosa quanto interessante: collante possibile fra Europa del nord e mediterraneo, referente per la sponda sud con tutte le problematiche in atto. Inoltre vi è la grande questione del rapporto con la Russia e, non ultima, quella del Medio Oriente, del ruolo degli Stati Uniti e della NATO. Di nuovo, la Grecia docet. La fase storica del dopo guerra si è chiusa. La prima risposta data dopo l’89, l’Unione Europea, ha fallito sul piano ideale e materiale. Gli interventi degli Stati Uniti e della NATO nelle cosiddette “aree di crisi” (Iraq, Afghanistan, Libia, Siria) non hanno fatto altro che creare un caos sistemico del quale la crisi dei migranti e dei profughi è solo il sintomo più evidente. Serve altro, molto altro.

13) Questa è una grande sfida sul piano intellettuale, politico, pratico, ma crediamo che non vi siano molte alternative per uscire dal “male della banalità”.

Andrea Magoni
Pier Paolo Dal Monte
Ugo Boghetta

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